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MIELE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 ottobre 2013
 
di Valeria Golino, con Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero de Rienzo, Vinicio Marchioni, Iaia Forte (Italia, 2013)
 
Per il suo primo film come regista Valeria Golino non ha di certo scelto la via facile. Non solo si è buttata con determinazione quasi incosciente e dopo vari decenni di carriera come attrice, su un tema delicato, notoriamente esplosivo e più che controverso come quello dell'eutanasia; o, meglio, del suicidio assistito (ispirato al romanzo Vi perdono di Mauro Covacich). Ma è riuscita a illustrarlo con maturità e acume sorprendente. E, prima di ogni altra cosa, ad evitare tutto ciò che andava evitato.

E' il merito non indifferente di questo itinerario insolito, geografico e intimo che l'esigente platea internazionale del Festival di Cannes 2013 ha accolto con notevole favore: una giovane donna (Jasmine Trinca, che ci rinvia per l'intensità dello sguardo ai suoi ruoli in LA STANZA DEL FIGLIO di Nanni Moretti o LA MEGLIO GIOVENTU' di Marco Tullio Giordana) che fa la spola tra Roma e il Messico, allo scopo di procurarsi il barbiturico ad uso veterinario destinato alla morte assistita di malati terminali. Angelo della morte, per utilizzare una delle espressioni comuni che un film come MIELE si premura giustamente di evitare: pericolosamente nell'illegalità, progressivamente sofferto, quanto lautamente, bisogna pur dirlo, retribuito. Ma la regista non cade in quasi nessuna delle trappole che una faccenda del genere, a metà strada tra un suspense poliziesco e un'introspezione psicologica, dissemina ad ogni svolta del proprio cammino. Per intenderci, niente moralismi, pochi pietismi, rari cinismi: e nessuna caduta nel tema “artistico e poetico” che più ti potevi aspettare, quello del traghettatore di morte che si fa apportatore di vita.

Incollata com'è al personaggio principale, alla sua attrice con la quale sentiamo legata da evidente, affettuosa complicità, alle sue reazioni magari soltanto da indovinare, Valeria Golino non intenta processi al sistema perverso che conduce al lucro, alla società che sembra ipocritamente ignorarlo, alla morale e all'ideologia che egualmente schivano il dibattito. Rincrescerà a una parte degli spettatori: ma è una scelta che ha il merito di ricondurre continuamente il film all'interno del privato dei personaggi, della solitudine dell'individuo posto di fronte a interrogativi tanto più grandi di lui.

L'evoluzione del film finisce per compiersi nell'incontro di MIELE con il secondo personaggio-chiave del racconto, l'anziano ingegnere che si rivelerà essere un cliente “soltanto” depresso, tanto da incuterle il timore di un'insopportabile manipolazione. Un attore teatrale dalla forza e dall'esperienza di Carlo Cecchi riuscirà allora a fare il film sempre più suo.

Non è tanto però per Cecchi quanto per la sceneggiatura che il film deriva allora sul sospetto di un sentimentalismo (sempre più la casetta sulla spiaggia coi giocolieri a poetizzare lo sfondo, sguardi protratti e situazioni prevedibili ) che fino ad allora aveva sapientemente saputo evitare. Complice lo stile controllato della regia, quasi freddo, mai abbandonato a divagazioni impressionistiche, sempre calcolato nel girare al largo da ogni tentazione emotiva, da ogni vezzo autoriale, a soffrine finisce per essere allora la credibilità e la progressione psicologica nel tema centrale della pellicola, la svolta costituita dalla presa di coscienza della protagonista.

Sono gli incerti di un difficile equilibrio fra due mezzi complementari come regia e sceneggiatura che ci ricordano quanto stavamo dimenticando: come il film, a dispetto dell'impegno dovuto alla gravità del suo tema e della generosità con la quale è affrontato, rimane permeabile agli incerti di un'opera prima. Ma che certi suoi limiti siano da addebitare più all'intelligenza che alla leggerezza del suo approccio dimostrano quanto il cinema italiano sia debitore nei confronti dell'attrice forse ormai regista.


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